Ambientato in una Roma post apocalittica senza tempo Adagio, il nuovo film del nostro Stefano Sollima, è un action movie dalle tinte cupe, che sa muoversi con disinvoltura tra le scene d’azione pura e la narrazione più riflessiva.
Un ragazzo romano (Manuel) vive a Roma con un padre che un passato da criminale. Un giorno cerca di uscire da un pasticcio in cui si è venuto a trovare per problemi legati al traffico di droga. Infatti lo stesso viene ricattato da un gruppo di carabinieri corrotti per una storia di festini dalle ramificazioni politiche di alto livello.
Finirà nella morsa di un gruppo di gente corrotta che non guarda in faccia a nessun, pur di raggiungere il loro obiettivo.
Ottimamente riuscita l’ambientazione, in una capitale ormai vicina al collasso, tra incendi tossici, esplosioni di fumo, black out continui e clima impazzito.
Una narrazione matura che ci racconta di una società distopica, ma molto vicina a ciò che potrebbe diventare se faremo scelte sbagliate.
Bella la regia, in particolare nelle riprese dall’alto, funzionali alla storia (sullo sfondo si intravedono incendi e nubi tossiche che fanno presagire un futuro funesto).
E veniamo ai protagonisti, tutti bravissimi a recitare il loro ruolo: Adriano Giannini è il poliziotto corrotto, Valerio Mastandrea detto Polniuman, che interpreta benissimo l’intermediario. Toni Servillo (Daytona) è il padre di Manuel, ormai mal ridotto, ma ancora capace di avere un guizzo di orgoglio. Ed infine il grandissimo Pierfrancesco Favino, criminale trasfigurato in vero e proprio freak, eccezionale nella sua fisicità e gestualità da perdente (ma con una dignità).
Tutti questi personaggi diventano maschere del decadimento fisico e morale del mondo. Il cinema di Sollima alza il livello del cinema di genere perché riesce a far convivere assieme compassione, l’antieroismo, la tragedia greca. Un noir metropolitano che dilata i tempi dell’azione. Con questo film il regista conclude la cosiddetta “trilogia della Roma criminale” iniziata con Romanzo criminale.